La riforma sanitaria: l’introduzione dell’infermiere di comunità

22 Maggio 2023

Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano garantisce un’alta aspettativa e qualità di vita grazie ai servizi assistenziali offerti, pur avendo una spesa sanitaria contenuta rispetto alla media degli altri Paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, presenta alcune criticità, come la grande disparità territoriale, una scarsa integrazione tra i vari servizi sanitari e tempi elevati per accedere ad alcune prestazioni sanitarie. La strategia attuata attraverso la missione 6 del PNRR ha lo scopo, tra l’altro, di affrontare queste grosse criticità, e si articola in due macro-componenti:

1. Lo sviluppo delle reti di prossimità, con il potenziamento e la creazione di strutture intermedie per l’assistenza sanitaria, di pari passo alla telemedicina e a una maggiore assistenza domiciliare;
2. L’innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN, con l’ammodernamento delle strutture tecnologiche esistenti e la diffusione del fascicolo sanitario elettronico (FSE).

 

L’infermiere di Famiglia o Comunità

Figura di nuova introduzione con il Decreto Ministeriale 71, l’Infermiere di Famiglia o Comunità (IFoC), ha un ruolo centrale nell’assicurare l’assistenza infermieristica, lavorando in maniera sinergica con tutti i professionisti presenti nella comunità, come i Medici di Medicina Generale, i Pediatri di Libera Scelta, gli assistenti sociali e i professionisti sanitari tecnici. L’Infermiere di Famiglia o Comunità, presente ogni 3.000 abitanti, dovrà garantire la risposta assistenziale, anche attraverso l’utilizzo sistematico dei servizi di telemedicina, teleconsulto e di altri strumenti digitali, qualora vi siano, nella comunità, bisogni sanitari nuovi, espressi o potenziali. Sarà suo compito, inoltre, coinvolgere la comunità in momenti di educazione a tema sanità, con tutti gli attori sanitari interessati del caso, promuovendo attività di informazione, anche da remoto, sia ai singoli che alla comunità, attraverso le più appropriate modalità di comunicazione.

 

Il ruolo cardine del medico di medicina generale

Filo conduttore della riforma sanitaria descritta nel DM 71 è la definizione di un’equipe multiprofessionale minima di cui un ruolo cardine è ricoperto dal Medico di Medicina Generale o dal Pediatra di Libera Scelta, rappresentanti della storia clinica della persona e dei suoi bisogni assistenziali ed attivi in numerosi nuovi contesti. Queste figure, infatti:

  •  saranno i responsabili clinici dell’assistenza domiciliare all’assistito. Le cure domiciliari, secondo il nuovo decreto, dovranno essere coerenti con il percorso di cura dell’assistito in termini di complessità e specialisti coinvolti, e lo standard previsto per questa tipologia di cure coinvolgerà il 10% della popolazione over 65;
  • garantiranno la loro presenza costante nelle Case della Comunità hub e spoke, dove i MMG afferenti alle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), erogheranno servizi di cure primarie alla popolazione, indipendentemente da quelle fornite ai propri assistiti;
  • potranno proporre l’accesso all’Ospedale della comunità (OdC ), nuova struttura di degenza intermedia tra la cura domiciliare e quella ospedaliera, di cui il MMG potrà anche avere la responsabilità igienico sanitaria;
  • collaboreranno con l’Infermiere di Famiglia o Comunità per permettere un’assistenza integrata e interdisciplinare.

Dato il ruolo centrale appena descritto, risulta necessario investire nella formazione di nuovi medici di medicina generale e formare quelli già presenti. Per tale ragione, la missione 6 del PNRR prevede l’incremento delle borse di studio in medicina generale e l’aumento dei contratti di formazione, oltre all’ampliamento del numero di posti di specializzazione e il potenziamento della formazione del personale, al fine di favorire, in ambito sanitario, l’evoluzione tecnologica necessaria

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